martedì 30 marzo 2010

Chi ha votato Cota a l'è davvero un cutu?

Parlare di parole o parlare di cose? Un dilemma pirandelliano, che torna ad interrogarci nel momento in cui tutti sembrano parlare d’altro. Ché forse qualcuno cerca di sfuggire alla realtà delle cose, pur di non riconoscere il proprio fallimento. Ma davvero chi in Piemonte ha votato Cota è un cutu? (Cutu: da Cottolengo. Come ricorda Calvino: «Nel crudele gergo popolare … epiteto derisorio per dire deficiente, idiota, anche abbreviato, secondo l’uso torinese, alle sue prime sillabe: cutu»).

Giovanni Francesco Caroto, Ritratto di bambino con disegno

E poi, anche se qualcuno effettivamente lo fosse, in democrazia rappresentativa – noi che si è buoni – non si deve rispettare il volere dell’elettore, anche se questi è cutu? (Torni il lettore a leggere La giornata d’uno scrutatore). Drammaticamente, la questione in questo caso sembra essere diversa – anche se il dubbio può venire. L’elettore non sembra essere cutu, e del resto sarebbe troppo facile liquidare la faccenda con questa risposta.

Ci sono le parole, e ci sono le cose. Le parole di chi guarda dall’alto in basso, con disprezzo borghese, quel popolo (che tanto dice di amare: ché sempre di parole si tratta) che un tempo era punto di riferimento fondamentale per la «sinistra». Ora però quel popolo vota Lega. E non c’è da stupirsi se un tempo, costoro, questi «verdani», altri non erano che «rossani»: e votavano convintamente per quella falce e martello che assicurava loro rappresentanza e azione sindacale sul territorio. E dato che di parole stiamo parlando: come non accorgersi che le parole sono cambiate? Che quella «sinistra» non esiste più e ormai garantisce rappresentanza più alla borghesia da tinello (e anche da salotto) che all’operaio del cuneese o del biellese o dell’alessandrino? Senza contare i veri interlocutori di codesta «sinistra al potere»: costruttori e banchieri in primis.

Chi allora è alla ricerca di un capo espiatorio forse è perché ha un notturno senso di colpa: non aver mai sceso le scale del proprio appartamento alla Crocetta; non essere mai uscito dal locale alla moda di San Salvario per stare con le gente, col popolo (che tanto piace a parole). Se, infatti, questi borghesucci radical chic (ma anche radical nerd, ecc) fossero scesi per le strade di Barriera di Milano o delle Vallette, oppure avessero spinto i loro piedi fuori dalla città (che tutto attutisce) e si fossero fatti una bella gita in campagna (a Cuneo, a Biella, a Sampeyre…) avrebbero visto le cose; le avrebbero incontrate le cose. E non staremmo qui a parlare di parole.

Poi ci sono le cose: e questi sono i fatti. Il paese reale non è città, non è borghesia impiegatizia, non è movida. Il paese reale è piccoli imprenditori, operai di provincia (piccole fabbrichette), nonne che accudiscono i propri nipoti (tanti nonni: vecchi bisognosi di assistenza sanitaria!). E poi c’è la paura, la paura del negro, dell’altro, del diverso – e questo anche in città. Allora bisogna chiedersi (ma anche queste forse sono solo parole): Chi risponde a questa paura?

Ci sono poi altre cose: quelle che non sono state fatte (e che forse dovrebbero importare più ai «sinistri» che ai «leghisti»). Un esempio: Cota, nel programma elettorale, scrive: «Piena riconferma della ‘Legge Botta’ (LR 41/1997; articolo 17 della ‘56’) per l’approvazione da parte dei soli Comuni delle varianti minori ai loro PRGC». (Il lettore mi perdonerà l’esempio, forse troppo specialistico, ma del resto di questo mi occupo e di questo so parlare). In sostanza Cota manterrà lo status quo (già piuttosto degradato) in materia di urbanistica, ogni comune sarà libero di farsi la propria variantina di Piano regolatore a seconda delle esigenze del momento, con lo scopo di rimpinguare le casse comunali svendendo il territorio. Cota dice: «State tranquilli vi lasceremo fare!». Ma la «sinistra», in questi cinque anni di governo, cosa ha fatto a proposito? Ha forse abrogato l’articolo 17 voluto dall’assessore Botta, ripristinando nel suo impianto originario la «Legge Astengo» che regola l’uso del suolo? È riuscita a far approvare la nuova legge urbanistica regionale (contro la quale piccoli comuni, Confindustria, costruttori, immobiliaristi, ecc, ecc, ecc, hanno fatto ostruzionismo)? Niente di tutto questo. Dunque, di fatto, anch’essa ha mantenuto lo status quo. E i motivi li lascio al lettore.

sicilitudine:

«la sostanza di quella nozione della Sicilia che è insieme luogo comune, idea corrente, e motivo di univoca e profonda ispirazione nella letteratura e nell’arte»